Un bando internazionale per il Blue Print. E, sullo sfondo, l’ombra dei privati che aleggia su Genova, evocata – anzi, auspicata – dal sindaco Doria come albero della cuccagna per la città.
Quel che politica e imprenditoria si guardano bene dal dire è che dietro il Blue Print c’è ancora una volta una colata di cemento. Come quella che sarà riversata sul porticciolo del Duca degli Abruzzi, pronto ad essere tombato per far spazio a riparazioni navali e lavori industriali. Un’attività che, stando all’Enviromental Protection Agency (l’agenzia mondiale per la protezione dell’ambiente), ha la stessa portata inquinante di un’industria pesante! In un’area adiacente al centro abitato!
Logico che un piatto così succulento attiri l’interesse degli investitori privati attenti al proprio profitto, non certo al paesaggio, all’ambiente, alla cultura. Con il Blue Print si distruggerebbe anche il patrimonio storico-culturale delle antiche mura della città! Che andrebbero anzi tutelate e valorizzate per attirare turismo. È a questi ignoti speculatori che Doria si prepara a svendere il nostro demanio pubblico, dato in pasto al miglior offerente come a una qualunque asta di mercato.
Quanto alle nuove darsene, magnificate come meraviglie architettoniche d’avanguardia, in certi punti sorgerebbero là dove oggi sgorgano diverse fognature (!), spesso non depurate a dovere. Più che i canali di Venezia e Amsterdam, rischiamo di ritrovarci con centinaia di metri cubi di maleodoranti cloache a cielo aperto. A meno che non si pianifichino urgenti lavori di depurazione (costosissimi e privi di profitto alcuno, e quindi per niente interessanti per i soliti “capitani di ventura”). E, anche in caso di intervento, i canali da un punto di vista idraulico non sono progettati abbastanza accuratamente da evitare che l’acqua ristagni, non ci sarebbe cioè il necessario ricambio d’acqua, come ha fatto notare a più riprese l’architetto e urbanista Giovanni Spalla.
Ecco cos’è davvero l’avveniristico Blue Print che il grande Piano ha “donato” alla città: un gigantesco specchietto per le allodole presentato come moderno e innovativo e che, in realtà, altro non è se non l’ultima maschera del Partito del Cemento che cambierà per sempre il volto della passeggiata a mare e del waterfront, porterà nuovo inquinamento e distruggerà forse l’ultimo biglietto da visita turistico che Genova può ancora vantare. Bisogna impedire tutto questo. Salviamo Genova, salviamo la nostra salute, le possibilità occupazionali dei nostri giovani e il nostro spazio pubblico.
Alice Salvatore, portavoce MoVimento 5 Stelle in Regione Liguria